La balbuzie viene considerata da diversi autori un “fenomeno multidimensionale”, poiché nella stessa si intersecano sia fattori connessi al linguaggio, che agli aspetti cognitivi, sociali, emozionali e fisiologici del paziente.
Queste caratteristiche, rendono la balbuzie un fenomeno estremamente articolato e variabile, nel quale diversi elementi eterogenei tra loro, si combinano ed interagiscono in modo imprevedibile.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) definisce la balbuzie come: “un disordine nel ritmo della parola, nel quale il paziente sa con precisione ciò che vorrebbe dire, ma nello stesso tempo non è in grado di dirlo a causa di arresti, ripetizioni e/o prolungamenti di un suono, che hanno carattere di involontarietà”.
Nel DSM-5, la balbuzie viene inserita tra i disturbi della comunicazione, come “Disturbo della fluenza con esordio nell’infanzia”.
Per poter effettuare una corretta diagnosi ed avere un quadro completo del disturbo, è necessario fare riferimento ai criteri diagnostici proposti dal DSM-5. Non tutti gli eloqui si presentano con uguali caratteristiche e gli elementi che possono essere presenti in un quadro di balbuzie sono molto vari:
A) Alterazioni della normale fluenza e della cadenza dell’eloquio, che sono inappropriate per l’età dell’individuo e per le abilità linguistiche, persistono nel tempo e sono caratterizzate dal frequente e marcato verificarsi di uno o più dei seguenti elementi:
– Ripetizioni di suoni e di sillabe;
– Prolungamenti dei suoni delle consonanti così come delle vocali;
– Interruzioni di parole (ossia pause all’interno di una parola);
– Blocchi udibili o silenti;
– Circonlocuzioni*;
– Parole pronunciate con eccessiva tensione fisica;
– Ripetizione di intere parole monosillabiche.
B) L’alterazione causa ansia nel parlare o limitazioni dell’efficacia della comunicazione, della partecipazione sociale o del rendimento scolastico o lavorativo, individualmente o in qualsiasi combinazione.
C) L’esordio dei sintomi avviene nel periodo precoce dello sviluppo.
D) L’alterazione non è attribuibile a deficit motorio dell’eloquio o a deficit sensoriali, a disfluenze associate a danno neurologico o altra condizione medica, e non meglio spiegata da un altro disturbo mentale.
*Con circonlocuzioni ci riferiamo alla sostituzione di una o più parole, che in questo caso il soggetto sa essere per lui problematiche, con altre. Esempio: “quello che serve per mangiare la minestra” invece che “cucchiaio”.
L’età media di insorgenza si aggira intorno ai 33 mesi, la Stuttering Foundation of America afferma che circa il 5% dei bambini, dato sottostimato secondo alcuni studiosi, presentano un periodo caratterizzato da eloquio non fluente per sei o più mesi. Di questa percentuale solo l’1% continuerà a presentare eloquio non fluente (balbuzie persistente).
Alcuni studiosi hanno individuato tre principali tipologie di disfluenza:
- Disfluenze tipiche: si riscontrano abitualmente nel linguaggio verbale quindi sono le più frequenti che riscontriamo. Non sono mai accompagnate da sforzo o tensione. Sono costituite da una o due ripetizioni di parole o sillabe, revisioni di frase, interiezione di fonema, sillaba o parola e pause silenti.
- Disfluenze atipiche: caratterizzano la balbuzie e sono meno frequenti. La tensione “udibile” si può manifestare con scarso controllo del tono e dell’intensità vocale con rottura di voce e distorsioni dell’articolazione. Sono costituite solitamente da tre o più ripetizioni di parole e/o di sillabe con accentuazione irregolare e/o tensione. Possono esserci anche ripetizione di fonema, prolungamenti, blocchi e tensione udibile o visibile.
- Disfluenze cross-over: sono a cavallo tra le tipiche e le atipiche.
Esistono poi tre principali componenti che nelle persone con balbuzie sono compromesse in misura diversa:
- Anomalie nella fluenza verbale, rappresentano il sintomo primario della balbuzie: ripetizioni, prolungamenti e/o blocchi, che interrompono il normale fluire dell’eloquio;
- Sintomi secondari della balbuzie: si manifestano tipicamente, in pazienti balbuzienti, con l’abbassamento dello sguardo, smorfie del viso, movimenti del capo e del corpo, interiezioni di fonemi, sillabe, parole, frasi senza una funzione comunicativa ma con funzione di “starter”, o di “facilitatori della fluenza”.
- Attitudine comunicativa e aspetto emotivo correlato alla balbuzie: L’attitudine comunicativa è: “la percezione positiva o negativa che il parlante, in base alla propria esperienza, sviluppa nei confronti della propria verbalità e di sé stesso come abile o non abile comunicatore” (Bernardini)
I primi due aspetti riguardano il sintomo, l’aspetto manifesto del disturbo, ciò che tutti gli ascoltatori possono “vedere e sentire”. Per queste caratteristiche, il sintomo della balbuzie viene anche definito “componente overt”.
La terza componente invece rappresenta la “sindrome”, ovvero la componente nascosta del disturbo, altrimenti detta “componente covert”.
Ognuna di queste aree deve essere analizzata nel dettaglio dallo specialista che effettua la diagnosi, in quanto sono tutti fattori complessi, interconnessi e caratterizzanti la personalità di una persona balbuziente. La balbuzie viene paragonata ad un iceberg.
- La massa di ghiaccio soprastante la superficie dell’acqua, rappresenta il sintomo – “componente overt” .
- La parte sottostante la superficie rappresenta la sindrome, comprensiva delle emozioni, cognizioni, percezioni, credenze, attitudini, ecc. del soggetto balbuziente.
Alla luce dei diversi fattori corresponsabili dell’insorgere del disturbo, risulta quindi indispensabile utilizzare un approccio multidimensionale nelle fasi diagnostiche, valutative e terapeutiche, che tenga in considerazione le diverse componenti “overt” e “covert”.
Il modello multifattoriale, analizzando diversi aspetti della vita del paziente, risulta un valido strumento per comprendere l’eziologia della balbuzie.
Secondo il suddetto modello, i bambini nascono con una predisposizione alla balbuzie, ma è la combinazione di molteplici fattori, intrinseci ed estrinseci, che determinano l’esordio, lo sviluppo e la severità del disturbo.
Approcci terapeutici
Per mettere in atto un progetto terapeutico articolato che non si basi solo sul sintomo, ma che consideri la globalità della persona è necessario un coordinamento di interventi che vede in prima linea logopedista, foniatra e psicoterapeuta.
Trattamento logopedico
Il trattamento logopedico è costruito sul paziente, proprio come un sarto fa con un abito commissionato su misura. A seconda dell’età, delle abilità, delle prestazioni ed emozioni del paziente verrà attivato un determinato percorso piuttosto che un altro.
Il trattamento può prevedere una parte indiretta ed una diretta con una maggior propensione verso l’una o l’altra partendo dalle caratteristiche personali e familiari del singolo caso.
Primariamente va svolto un counselling con i familiari e una terapia interattiva genitore-bambino. I familiari, gli insegnanti, i colleghi e i caregiver sono le persone che affiancano il soggetto per la maggior parte del tempo durante l’arco di una giornata tipo. Sarà dunque fondamentale istruirli in merito agli eventuali comportamenti da mettere in atto e al contrario da evitare quando il bambino balbetta. Segue poi un trattamento individuale con il bambino con gli obiettivi di:
- Far capire al bambino i meccanismi della balbuzie: come funziona la normale fluenza, cosa succede quando balbetta, informazioni sul modello multifattoriale della balbuzie.
- Aumentare la fluenza: insegnare al bambino gli strumenti che favoriscono la fluenza, individuando con lui quello più comodo.
- Gestire le disfluenze e lavorare sulle emozioni e attitudini: ridurre preoccupazione e tensione relativa ai momenti di balbuzie, aumentare il senso di controllo sulla balbuzie …
Risulta fondamentale che il bambino abbia chiaro il concetto di dover diventare un buon comunicatore, quindi di dover esprimere un messaggio con chiarezza ponendo l’attenzione sul contenuto e non sulla forma. - Evitare le ricadute, ma prenderle in considerazione per trovare eventualmente delle efficaci strategie.
In ultimo, il percorso ha l’obiettivo di generalizzare quanto appreso durante il trattamento logopedico, per questo si possono svolgere delle attività, con l’obbiettivo di rinforzare i comportamenti appresi (parlare in un piccolo gruppo, andare al bar a ordinare un caffè, leggere un giornale o un libro davanti a tutti, telefonare ad amici…)
Come potrebbe essere d’aiuto l’osteopatia in ottica di approccio multidisciplinare?
Sebbene in letteratura non vi siano ancora studi specifici riguardanti l’efficacia del trattamento osteopatico nella balbuzie, sappiamo come la manipolazione laringea (protocollo J. Lieberman) possa agire positivamente su disordini vocali come la disfonia funzionale e che il rilassamento dei muscoli del collo e delle spalle può potenzialmente migliorare la fluidità del discorso in giovani adulti con balbuzie evolutiva. Possiamo quindi pensare che anche nelle disfluenze il trattamento manuale osteopatico potrebbe avere effetti positivi ricercando una migliore fisiologia tessutale delle strutture direttamente o indirettamente correlate alla respirazione e alla fonazione.
In generale, nell’ambito dei disturbi della vocalizzazione e dell’emissione della voce, l’osteopata effettua in primo luogo una valutazione globale osservando la postura in ortostatismo e ricercando tramite la palpazione percettiva ed i test osteopatici la presenza di eventuali disfunzioni somatiche e valutando l’armonia a livello delle aree trasversali del corpo, definite in osteopatia i 5 diaframmi (diaframma toracico, pelvico, buccale, stretto toracico superiore e tentorio del cervelletto) il cui equilibrio consente una gestione ottimale delle pressioni ed una migliore circolazione dei fluidi. Viene valutata poi la dinamica respiratoria ed il vocal-tract con particolare attenzione alla posizione ed alla libertà di movimento della laringe. Nel soggetto con balbuzie spesso è presente un quadro di scorretta dinamica respiratoria e fonatoria correlato a disfunzioni somatiche a carico del torace, della colonna vertebrale, del vocal tract e del distretto cranio-cervicale. Una volta identificate le aree di maggior rigidità è possibile applicare le tecniche più adeguate. Nella balbuzie gutturo-tetanica, per esempio, la rigidità dei muscoli faringei e laringei rende difficoltosa la pronuncia delle consonanti /k/, /c/, /g/; questa muscolatura può essere trattata e detensionata attraverso tecniche specifiche.
La balbuzie è considerata come un disturbo della comunicazione complesso con componenti affettive, comportamentali e cognitive. In una balbuzie in fase intermedia o avanzata in cui i blocchi con interruzione di suono e flusso d’aria sono sempre più lunghi aumenta anche la consapevolezza della situazione e con essa l’ansia, la paura, la frustrazione, l’imbarazzo e la scarsa autostima. D’altro canto possiamo ritenere fortemente che anche un’alterata funzione del diaframma toracico possa influenzare negativamente lo stato emotivo del paziente. L’attenzione osteopatica rivolta al riequilibrio del sistema neuro-vegetativo attraverso tecniche di liberazione e facilitazione dell’attività vagale, nonché l’approccio manuale al muscolo diaframma, potrebbero aiutare ulteriormente il soggetto a ritrovare uno status di rilassamento e quiete utile nella gestione dello stress.
Partendo quindi dal presupposto che le figure primarie per il trattamento della balbuzie sono quelle citate in precedenza, l’osteopata potrebbe intervenire secondariamente in sinergia con gli altri professionisti (logopedista, foniatra, psicologo, fisioterapista ecc..) agendo sulla struttura per agevolare il lavoro sulla funzione.
Autori:
Osteopati: Laura Bianchini e Valeria Petrone
Logopediste: Martina Ravot Licheri e Giulia Amianti
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